Nel processo di transizione ecologica è continua la ricerca di energia pulita per ridurre la dipendenza dal consumo di combustibili fossili altamente inquinanti. Una soluzione è stata individuata nell’idrogeno.
La stessa commissione europea ne detta le linee guida nel documento “A hydrogen strategy for a climate-neutral Europe” pubblicato nel luglio 2020. L’idrogeno offre “una soluzione per decarbonizzare i processi industriali e i settori economici in cui la riduzione delle emissioni di carbonio è urgente e difficile da raggiungere. Tutto ciò rende l’idrogeno essenziale per sostenere l’impegno dell’UE a raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050 e per lo sforzo globale di attuare l’accordo di Parigi lavorando verso l’inquinamento zero.”
La produzione di idrogeno
L’idrogeno è presente in abbondanza in natura, ma non allo stato puro. Lo troviamo combinato ad esempio con l’acqua, composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno (H2O) o con il metano, composto da 4 atomi di idrogeno e uno di carbonio (CH4). Dunque per poterlo utilizzare come vettore energetico è necessario produrlo, ovvero estrarlo da altre molecole complesse attraverso specifici procedimenti. E qui arrivano i primi guai.
Infatti se l’estrazione dell’idrogeno dall’acqua attraverso il processo di elettrolisi può considerarsi una strada pulita (a patto che l’energia utilizzata provenga da fonti rinnovabili) non lo è altrettanto dal metano. Il processo di produzione di idrogeno a partire da metano, libera infatti nell’ambiente CO2, responsabile del riscaldamento globale del nostro pianeta.
Dunque la sola via percorribile è quella dell’idrogeno da fonti rinnovabili, il cosiddetto idrogeno verde. Ma come viene prodotto? Il processo è abbastanza semplice, ma necessita di una macchina complessa, l’elettrolizzatore capace di scindere la molecola dell’acqua H2O in idrogeno e ossigeno. L’ossigeno può essere liberato nell’ambiente o utilizzato per altri scopi, ad esempio medicali.
2H2O = 2H2 + O2

Sembra tutto molto semplice. Acqua ne abbiamo in abbondanza in natura, la tecnologia è già nota e dunque pare che la soluzione sia a portata di mano. Ancora una volta non è così.
Il processo, apparentemente semplice richiede consumi elevati di energia. Con una estrema semplificazione per produrre un kg di idrogeno, necessario per riscaldare una casa media per un giorno occorre l’elettricità che consuma una famiglia media in una settimana. Decisamente troppa!
Dunque oggi la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili non è ancora competitiva in termini di costi rispetto all’idrogeno a base fossile. I prossimi dieci anni saranno cruciali e si prevedono ingenti investimenti in tecnologia e ricerca scientifica per abbattere sensibilmente i costi di produzione dell’idrogeno verde.
Utilizzi energetici dell’idrogeno
L’idrogeno come vettore energetico può avere molteplici applicazioni, dal residenziale, ai mezzi di trasporto e all’industria. Ma ancora una volta sono necessarie alcune considerazioni sull’efficienza energetica e sulla convenienza di utilizzare l’idrogeno rispetto ad altre fonti energetiche.
In questa analisi ci aiuta Nicola Armaroli chimico e Dirigente di ricerca presso il CNR, la cui attività si concentra principalmente sulla transizione energetica. Con oltre 250 articoli scientifici e vari libri sul tema energia è divulgatore scientifico e direttore della rivista Sapere. È tra gli scienziati italiani più citati in ambito internazionale. E anche autista elettrico da quasi 4 anni, l’ultimo dei quali con una Tesla Model 3 SR+
Nel suo seminario on-line per l’Accademia delle Scienze analizza in dettaglio i vari utilizzi dell’idrogeno: “Ci sono due modi per utilizzare l’idrogeno: come combustibile e come vettore di elettricità. Come combustibile può essere utilizzato a bassa temperatura, per il riscaldamento degli edifici, mentre ad alta temperatura nell’industria pesante del cemento del vetro e dell’acciaio. Come vettore di elettricità può essere utilizzato per alimentare automobili e, in prospettiva, altri mezzi di trasporto come camion, navi, treni e aerei.”
“L’utilizzo dell’idrogeno per il riscaldamento domestico è una pessima idea. Non è pensabile bruciare l’idrogeno per ricavarne calore a bassa temperatura, dati gli alti costi per la sua produzione. Esistono alternative migliori. Ad esempio, a parità di elettricità rinnovabile consumata, una pompa di calore elettrica è molto più efficiente e produce 5 volte più calore di quanta ne produrrebbe la combustione di idrogeno verde.”
Altro discorso è invece la combustione dell’idrogeno ad alte temperature per l’industria pesante. Questi sono contesti in cui è difficile abbattere l’utilizzo di idrocarburi e carbone, come nell’industria dell’acciaio dove l’idrogeno viene utilizzato al posto del carbone come agente chimico per ridurre i minerali di ferro in ghisa e in acciaio.
Anche l’utilizzo dell’idrogeno nel trasporto ha i suoi pro e i suoi contro. Per motivi di efficienza, costi, e infrastruttura di rifornimento l’auto a idrogeno non ha alcun futuro rispetto all’auto a batteria. Invece si può intravedere qualche possibilità nell’utilizzo dell’idrogeno nel trasposto pesante, che è responsabile insieme all’industria di circa il 30 % della produzione di CO2.
Perché insistiamo con l’idrogeno?
Ma dunque se la produzione di idrogeno verde non è economicamente competitiva e se i vantaggi dell’utilizzo di questo vettore energetico si limitano a pochi campi, perché questo interesse? Perché investire energie, tempo uomini in una risorsa così poco attraente?
Ancora una volta ci aiuta a fare chiarezza Nicola Armaroli: “Certo l’idrogeno verde oggi non è competitivo con l’idrogeno prodotto da metano. Costa circa tre volte di più. E poi c’è un’altra considerazione da fare: dobbiamo andare verso un abbattimento dei consumi energetici, invece l’idrogeno li aumenta! Però l’idrogeno per certe applicazioni può avere un suo sviluppo e lo dovrà avere come nell’industria dell’acciaio e in parte nel trasposto pesante. Una cosa sbagliata che invece si sta facendo è quella di creare artificiosamente un mercato, come quello delle auto a idrogeno che non saranno mai competitive con le auto a batteria. I mercati si creano se c’è un bisogno, se c’è una richiesta. Difficile far partire qualcosa che non è economicamente vantaggioso e che compete con una tecnologia già pronta che mi permette di caricare l’auto nel mio garage! Però dal 2030 l’idrogeno sarà un’opzione che dovremo percorrere perché non possiamo pensare di fare la transizione energetica con una sola tecnologia. Io sono un noto sostenitore del fotovoltaico, che sarà la tecnologia chiave per la transizione. Però non possiamo pensare di produrre l’energia di un intero paese con un’unica tecnologia, se non altro per ragioni strategiche.”
Il cambiamento climatico è questione globale, come ci ha insegnato Cop26 e dunque un’ottica mondiale di riduzione delle emissioni e di neutralità climatica che ruolo può avere l’idrogeno in contesti poveri come l’Africa o il Sud America o per abbattere l’uso di combustibili fossili in paesi come Cina e India?
“Per un paese che ha un grande soleggiamento come l’India o grandissimi deserti come la Cina penso che un domani possa avere un senso l’installazione di enormi impianti fotovoltaici per la produzione di idrogeno verde, meno probabile lo vedo in Italia dove c’è minore disponibilità di spazi estesi.”
“Un’altra prospettiva che si sta delineando” – continua Nicola Armaroli – “che ha aspetti negativi e positivi è quella di far produrre idrogeno verde o blu in Nord Africa o in Medio Oriente. A parte i costi per il trasporto dell’idrogeno oggi ancora troppo elevati e lo svantaggio di legarci nuovamente a una dipendenza energetica da certe zone del mondo, avrebbe il vantaggio di non abbandonare queste regioni al loro destino. Si tratta di paesi inospitali che lo diverranno ancora di più con il riscaldamento globale. La domanda è: una volta persa la principale fonte di sostentamento (petrolio e gas) che prospettive avranno, nel lungo termine? Abbandonarle a loro stesse potrebbe alimentare una situazione di instabilità geopolitica con ripercussioni globali. Quindi, in un’ottica di sostenibilità sociale, si potrebbe pensare di mantenere una dipendenza energetica – decisamente minore dell’attuale – per garantire però a queste nazioni una fonte di guadagno.”
Ma dunque se l’idrogeno ha utilizzi limitati possiamo pensare ad altre forme energetiche? Ad esempio sono sostenibili le costruzioni di mini centrali nucleari?
“Abbiamo passato gli ultimi 50 anni ad ampliare le centrali nucleari per contenere i costi. Le ultime centrali nucleari di Francia e Finlandia ad esempio sono costruite per aumentare la potenza e il numero di reattori in un unico sito in modo da creare un’economia di scala. Hanno lavorato decenni per aumentare la potenza di questi impianti e adesso propongono di farli più piccole? Che la tecnologia nucleare sia maggiormente conveniente andando su taglie piccole è difficile da immaginare. Penso sia solo una questione di ottenere una maggiore accettabilità sociale. Se le centrali sono più piccole forse fanno meno paura, ma certo non si riducono i costi.”
“L’industria nucleare a fissione è il più grande fiasco industriale degli ultimi 50 anni, economicamente parlando. Non demonizzo il nucleare, perché se quell’energia prodotta con il nucleare fosse stata prodotta con il carbone ora la situazione sarebbe ben peggiore, ma oggi viviamo in un contesto in cui abbiamo una valida alternativa rappresentata dalle rinnovabili che sono più economiche, più facili da installare e con una maggiore accettabilità sociale.”
E del nucleare a fusione quali prospettive vede?
“Nel nucleare a fusione è giusto continuare a investire. Come ricercatore non mi pongo limiti, però quello che posso dire per certo è che la fusione nucleare non contribuirà alla transizione ecologica da qui al 2050 Purtroppo 30 anni sono troppo pochi per vedere risultati in questo campo. E noi non possiamo aspettare: dobbiamo correre con quello che abbiamo. Adesso.”