I combustibili fossili, il petrolio e il gas sono responsabili di decine di migliaia di morti all’anno, oltre che del riscaldamento globale del pianeta con ripercussioni sugli eventi climatici estremi. Lo dicono chiaramente i report prodotti da Greenpeace, ma le industrie fossili non intendono rinunciare ai loro profitti. Anzi. Negli ultimi due anni gli utili sono aumentati e sono più floride che mai.
Per questo Greenpeace ha deciso di intentare una causa contro Eni, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti per smettere di investire in combustibili fossili dannosi per la salute dell’uomo e del pianeta.
Ne abbiamo parlato nella nostra diretta di lunedì 29 gennaio con Simona Abbate, Energy & Climate Campaigner di Greenpeace.
“Una nuova frontiera del dell’attivismo ambientale sono le climate litigation, – ci racconta Simona Abbate – cause climatiche contro governi o industrie fossili chiedendo di rispettare l’accordo di Parigi e smettere di investire in combustibili fossili. In Italia abbiamo avviato la prima climate litigation contro Eni per chiedere una transizione energetica giusta per noi e per le future generazioni. Perché continuare a investire in combustibili fossili alimenta un sistema di ingiustizia sociale soprattutto perché chi subisce maggiormente i cambiamenti climatici sono le persone meno abbienti, le popolazioni che vivono in realtà dove i tifoni, l’innalzamento dei mari ha effetti maggiori. Sono popoli che non hanno fondi per poter creare le infrastrutture di mitigazione dei cambiamenti climatici. L’attivismo ambientale porta avanti il tema della giustizia climatica e ambientale, fondamentale per una transizione energetica giusta.”
“La causa contro Eni è stata presentata il 9 maggio 2023 e la prima udienza sarà il prossimo 16 febbraio 2024. Si produrrà una trattazione scritta con uno scambio di memorie dove le parti presenteranno i propri materiali. Greenpeace ha diversi consulenti che ci stanno supportando nella stesura delle memorie tecniche e una serie di report scientifici che dimostrano come Eni non solo sapesse già dagli anni 70 che le proprie attività avrebbero causato vittime e avrebbero alimentato la crisi climatica, ma anche una serie di report scientifici che dimostrano come l’attuale strategia di decarbonizzazione di Eni non porterà al rispetto degli accordi di Parigi.”
“Nei nostri documenti abbiamo inserito una relazione che afferma anche come l’inquinamento da traffico urbano con utilizzo di combustibili fossili crea decine di migliaia di morti e danni alla salute. Un nostro report riporta come l’utilizzo di combustibili fossili prodotti da Eni nel solo 2022 potrebbe causare 27.000 morti premature. Quindi oggi ci troviamo di fronte a dei criminali che sono a conoscenza dei propri crimini e perpetuano nelle loro attività.“
“La causa di Greenpeace non è solo contro Eni ma anche contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti quali azionisti di Eni. Il nostro obiettivo è chiedere a Eni di smettere di continuare ad estrarre combustibili fossili, cosa che non sta facendo. Secondo le previsioni la produzione aumenterà del 35% entro il 2030 e questo significa un enorme danno a carico all’ambiente e del territorio che subiranno le future generazioni.”
“Per fare questo bisogna ridurre la domanda di combustibili fossili. Ma il problema, anche nel nostro paese, è che le politiche energetiche sono dettate dalle aziende fossili che hanno più potere della politica. Non c’è un’università o un istituto di ricerca dove Eni non sia presente. Tutte le decisioni passano nelle sue mani, qualunque sia il governo di destra o di sinistra. Quindi in definitiva purtroppo la domanda di combustibili fossili non viene ridotta perché i governi sono manipolati dalle aziende fossili e questo lo vediamo nella quotidianità nella politica energetica italiana.”
“E i governi non ci stanno portando fuori da questa dipendenza. Anzi. Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina le industrie fossili hanno fatto un enorme lavoro di lobbying sulla Commissione Europea per fermare la transizione energetica. Da due anni l’industria fossile è tornata ad avere vigore e a puntare sul gas. Anche in Italia Eni punta sul gas e il governo italiano la sta seguendo a ruota. Le industrie fossili hanno più potere dei governi.”
“È un po’ come è stato per l’industria del tabacco che per anni ha negato le proprie responsabilità. L’industria fossile ha messo in atto la stessa strategia negando che i combustibili facessero male per la salute umana e per l’ambiente. Dunque, noi vogliamo metterli di fronte alle loro responsabilità criminali e spingerli a smettere di investire in combustibili fossili.”
>> Approfondisci sul sito Greenpeace: Una Giusta Causa per il pianeta!