Anche per chi ha posseduto a lungo tutte le Tesla dalla Roadster alla Model 3, non è facile stabilire una classifica di guidabilità e piacere d’uso. Se fosse per me sarei sempre al volante di una Roadster, ma di questo parleremo in un altro articolo. Posso dire che l’ultima nata californiana sente forte la discendenza da S e X senza però dimenticarsi della prima Tesla.
Avvicinandosi, l’auto riconosce il cellulare e si sblocca automaticamente senza fare nulla, basta aprire la portiera. Certo, la maniglia non è sexy come quelle della S e X che si palesano improvvisamente sporgendosi dalla portiera e cogliendo di sorpresa chi non se l’aspetta, ma comunque è funzionale. L’atmosfera interna è ancora più minimalista delle sorelle grandi, persino il pulsante per aprire il cassettino è sparito, e quello del lampeggio d’emergenza (le 4 frecce) e stato nascosto vicino al retrovisore interno.
Non avere il cruscotto dietro al volante consente di avere una ottima visibilità anteriore, molto utile nei parcheggi. Il volante piccolo con solo le due rotelline multiuso ( regolano un po’ di tutto, dagli specchietti, alla posizione del volante, volumi audio, velocità cruise control) contribuisce a creare un’atmosfera zen. Lo schermo centrale con il tachimetro in alto a sinistra ha scatenato per mesi i leoni da tastiera dei social che preannunciavano incidenti a catena per via della sua posizione decentrata.
Nulla di tutto ciò è successo, basta spostare lo sguardo a destra e controllare la strada con la coda dell’occhio piuttosto che abbassare gli occhi su di un cruscotto tradizionale. Uno dei punti forti della Model 3 è la climatizzazione: spariti gli spifferi freddi tipici delle prime S e X, d’inverno l’abitacolo si scalda subito e mantiene la temperatura anche in autostrada viaggiando veloci. Fenomenale il diffusore centrale a tutta lunghezza che distribuisce l’aria in modo uniforme e delicato.
Track mode (dal sito ufficiale Tesla)
Ciò che mi ha stupito dalla prima prova di guida è la reattività, “…sembra un kart” mi avevano detto, oggi potrei dire che si avvicina allo stile dinamico della Roadster. Al volante sembra un’auto più piccola dei quattro metri e sessantanove, maneggevole e precisa di sterzo, si guida bene anche in città nonostante le sospensioni rigide la facciano soffrire sul pavè milanese. La senti subito in mano come se la guidassi da anni, prontissima nell’accelerazione e dolce nella frenata rigenerativa che consente la guida con un solo pedale, quasi dimenticandosi del freno. Sul misto l’assetto è sostanzialmente neutro, con un coricamento limitato per via del baricentro basso e centrale tipico delle Tesla, ma i 400 chili in meno rispetto alla S la rendono più veloce nei trasferimenti di carico. Se poi abbiamo la versione P, la funzione “track mode” trasforma la M3 in una sportiva purosangue regalandole maggiore sensibilità in accelerazione, frenata rigenerativa e un sovrasterzo di potenza in curva molto piacevole. Tutto questo in pista, ovviamente…
Il silenzio è una delle caratteristiche principali delle elettriche e anche nella Model 3 motori e inverter fanno il loro lavoro in totale quiete. Discorso diverso in autostrada dove la tenuta migliorabile delle guarnizioni portiere lascia filtrare il fruscio aerodinamico. In internet, però, si trovano kit di guarnizioni aggiuntive in grado di ridurre di 6 decibel la rumorosità dinamica; l’installazione, per chi ha un po’ di manualità, è semplice e supportata da tutorial internet.
La mia scelta di optare per la versione Performance con ruote da 20’’ e pneumatici ottimizzati per le prestazioni e non per i consumi non premia sicuramente l’autonomia della mia M3. Dal 90% al 10% della batteria si coprono in autostrada 300 chilometri, sulla viabilità extraurbana e in città si guadagnano circa 50 chilometri. I cerchi da 18’’, di serie sulle M3 Long Range e la diversa motorizzazione consentono di aumentare l’autonomia del 15% circa. L’autonomia, in realtà, per me non è mai stato un problema, perché posso contare di una rete di Supercharger distribuiti in tutta la penisola e in Europa, uno ogni 250 km!
Luca Del Bo