Va bene che la transizione è lunga, ma prevedere un periodo di addirittura dieci anni per “de-dieselizzare” il trasporto commerciale – come sembra pretendere la ACEA (l’associazione dei costruttori europei) – vuol dire semplicemente chiudere gli occhi di fronte ad un problema che ha dei costi sociali paurosi.
Quando un veicolo percorre centinaia di migliaia di km l’anno, è ancora più importante che abbia emissioni zero, più di un’auto per uso privato che spesso passa lunghi periodi ferma. Il settore dei veicoli commerciali per ora è stato investito solo in minima parte dall’elettrificazione, ma – bisogna dirlo – con maggior rapidità di quanto non avvenga con le normali autovetture, e ci sono molte buone ragioni perché questo avvenga.
Partiamo dai cosiddetti VCL o Veicoli Commerciali Leggeri, quindi fino a 35 qli omologati N1. La scelta è abbastanza articolata e spazia dai piccoli furgoni utility con vano di carico o cassone fino a maxivolume come il Renault Master o il Mercedes E-Vito, il compatto Nissan EV200 o il versatile Piaggio Porter.
La loro struttura li avvantaggia rispetto alle automobili: anche se la derivazione è sempre dal pianale di un veicolo con motore tradizionale, il fondo piatto e basso e i volumi ottimizzati per il carico sono ideali per la trasformazione a batterie.
Sono veicoli semplici e funzionali con autonomia non molto ampia, ma tipicamente il loro uso quotidiano è al di sotto dei 150 km e hanno il vantaggio di poter sfruttare durante la notte punti ricarica centralizzati prezzo le aziende che li impiegano.
Il tasso di soddisfazione di chi già li usa è molto alto e il costo di gestione, considerando anche che ci sono congrui incentivi nazionali e regionali, è competitivo, specialmente se si tiene conto dei costi di manutenzione dell’elettrico (praticamente zero) confrontati con il gasolio. Per l’uso in determinate aree come i centri storici o le ZTL il “commerciale elettrico” è un must che va imposto per legge.
Il questo settore sta per arrivare come una bomba (benefica) nel 2022 il Cybertruck, per il quale speriamo che la legislazione italiana si adegui a quella europea (non deve essere considerato un autocarro N1 con le conseguenti limitazioni). Progetto estremamente avanzato di un pick-up ad alte prestazioni e dallo stile tutto particolare che poteva nascere solo in Tesla.
Il discorso è un po’ diverso per i “pesanti” (e anche qui Tesla si muoverà molto presto con il Semi) dove i requisiti sono differenti. Le tratte lunghe a velocità costante con carichi rilevanti impongono quantità di batterie (e di conseguenza punti di ricarica) di ben altra dimensione, ma c’è un vantaggio: mentre su un’auto la massa degli accumulatori incide per il 50%, in questo caso anche una batteria da 400 kWh non inciderebbe che per il 10-15% della massa totale con il carico.
Gl’investimenti però sono massivi, ma va sicuramente rivista la roadmap messa a punto dalla ACEA che pretende entro il 2025 almeno 4000 stazioni di ricarica da 100 kW e nel 2030 almeno 50.000. Per i “pesanti” sembrano aprirsi più possibilità a breve per il metano (compresso o liquido).
C’è ancora molto da dire su questo argomento, che sarà il tema del nostro Live di questa sera alle 18.30 sui Social di Tesla Owners Italia!