A quanto pare, per coloro che comprano una Tesla, esistono due mondi: c’è un “prima” e c’è un “dopo”, quei punti di svolta nella vita, nelle abitudini e nella consapevolezza che visti a posteriori ti portano a sorridere e farti qualche domanda. Sono storie belle da raccontare, soprattutto in prima persona, quindi oggi entriamo un po’ nel privato di un Tesla Owner – Patrizio – che ci racconta il come, il quando e il perché. E non rinnega un passato di carburanti fossili che è comunque bello e istruttivo. Partendo da cosa si è messo in Tesla: un bel carico di sacchi di pellet!
Ciao, mi chiamo Patrizio,
e la mia storia non è poi così avvincente… ma leggetela lo stesso! Ho ritirato la mia M3 il 9 dicembre dell’anno scorso, un anno che molti ricorderanno come il bisesto più funesto a livello mondiale. Ma per il sottoscritto segna il passaggio dalle auto a combustione all’elettrico puro.
Ho 44 anni e ho avuto auto molto diverse tra loro, forse per cercare quella che mi desse emozioni forti, non necessariamente legate alle prestazioni. La prima fu la Panda 900 Dance di mia madre con la quale ho fatto cose che non si possono raccontare (ma legali). Poi fu la volta di una Polo X, bella, nera, sempre lucidissima nonostante il colore “difficile”. Nel frattempo entro nel mondo dell’automotive come programmatore di robot antropomorfi e vedo dall’interno come vengono create le nostre auto, giro mezzo mondo e lavoro nelle più grandi case automobilistiche del pianeta.
Poi venne il momento di un’Audi A3 1.9 TDI, che segnò il passaggio ad auto di segmento superiore. Nel 2005 vedo per strada una Mercedes SLK e è stato amore a prima vista. Qualche sacrificio e, boom, arriva dopo 6 mesi di attesa dall’ordine. Nera metallizzata, versione Special Edition, la gente si girava al passaggio perché la tenevo sempre perfetta lucida a specchio (forse sono un po’ fissato, lo ammetto) e per dieci anni non mi sono più separato da lei.
Nel 2016 comincio a lavorare in FCA e, grazie a forti sconti per i dipendenti, cambio nuovamente genere e vado su una Jeep Renegade 1.6 jtd. Mi trovo benissimo e, nonostante non si parli mai bene delle aziende italiane, io rimango piacevolmente colpito.
E veniamo al 2020, il contratto per la Jeep sta per scadere e incomincio a guardarmi intorno. Sono sincero, lo sguardo mi cade su auto come la Stelvio anche se i rendering della Tonale mi sconfinferano parecchio.
Un giorno, per non so quale motivo, finisco sul sito Tesla, leggo, guardo le foto e scopro che è possibile fare un test drive a Torino. Compilo il form, vengo richiamato dopo qualche giorno e fissiamo l’appuntamento. Tra me e me penso che tanto non potrei mai prendere un’auto elettrica, poca autonomia, poi le ricariche la corrente costa, e i viaggi?
Insomma un sacco di domande, quelle che si fanno tutti e che ora mi sento fare da tutti. Mi iscrivo ai vari gruppi Telegram, inizio a guardare i video su YouTube e non passa giorno in cui non trovi la risposta ai miei dubbi. Viene il momento del test drive e un po’ per scherzare, un po’ per vantarmi, chiedo ai vari utenti del gruppo Telegram cosa mi devo aspettare.
La risposta è unanime. Il fattore wow è assicurato e mi consigliano di lasciare a casa la carta di credito. Chiamo un amico e gli chiedo di accompagnarmi. Arriviamo nel posto prestabilito e Francesco di Tesla ci spiega tutto sulla Long Range blu a disposizione, ma si accorge che io so già molto (quasi tutto) e quindi decide di farmi guidare. Salgo, regolo sedile e specchietti e abbasso la leva del cambio.
Il silenzio è totale quasi mistico. Inizio a prendere confidenza e Francesco mi chiede se voglio vedere cosa sa fare la macchina. Apre il menù seleziona la voce guida e sposta il selettore da soft a standard. Si guarda intorno mi dice “il limite è di 130 km/h ma rallenta a 60”. Eseguo. Ancora uno sguardo intorno a noi, e poi mi dice “a tavoletta!”.
Ancora mi viene un brivido nella schiena solo a pensarci. Veniamo scaraventati in un secondo alla velocità che il codice prevede su quel tratto di autostrada ma per la Model 3 quei limiti sono ridicoli. Purtroppo non possiamo andare oltre come su alcune autostrade tedesche ma la prova è stata fulminante. Proviamo l’Autopilot e tutto mi sembra arrivare da un futuro troppo distante da quello a cui ero abituato. La prova anche il mio amico Walter e anche per lui l’effetto “pugno nello stomaco” è garantito.
Racconto a tutti la fantastica esperienza ma nessuno rimane colpito come me che l’ho provata. Un giorno vado a correre come il mio solito (ho la fortuna di abitare nella provincia di Torino in un paesino a 650 m sul mare) e incontro solo macchine che emettono fumi puzzolenti, che io purtroppo respiro a pieni polmoni. Torno a casa e inizio a pensare che forse anch’io contribuisco a questo. Anche se la mia Jeep è ancora perfetta e non emette fumo, potrebbe presto cominciare a farlo.
È l’8 di ottobre e decido di fare l’ordine: è una pazzia, sono un sacco di soldi ma i 100 € ormai sono andati. Seguo tutto l’iter, scelgo la Long range bianca e via…. attesa 2 mesi, consegna stimata inizio dicembre. Spedisco i documenti ma l’attesa si fa sentire. Intanto su vari gruppi italiani ed esteri circolano le voci che ci sarà un restyling, chiamo il solito Francesco ma lui non sa o non può dirmi di più.
Arriva il giorno del ritiro vado a Peschiera Borromeo, sono le 18.00 del 9 dicembre mi portano nella sala della consegna e lei è lì che mi aspetta, scintillante come una gemma preziosa, di un bianco accecante. Mi spiegano un po’ di cose, associano il telefono alla vettura, ma io sono frastornato, quasi ebbro. Il viaggio da Milano a Torino è lungo, ma io sono al settimo cielo e passa in un attimo. A casa c’è ancora la Jeep che continuo a usare. Ho quasi un timore reverenziale per la Model 3 che continua a rimanere parcheggiata fino al giorno della riconsegna della Renegade.
Comincio ad usarla per andare a lavorare, prendo confidenza, imparo a conoscerla ed è un’escalation di emozioni che si accentuano quando per strada la gente ti indica, ti guarda passare, ammira e apprezza. Come tutte le cose, ci sono pro e contro. Le voci su assemblaggi approssimativi posso confermarle e ci sono anche altri problemi di vario genere. Fortunatamente nulla che pregiudichi l’utilizzo ma io sono uno pignolo e pretendo l’auto perfetta. Porto l’auto 2 volte in assistenza per sistemare i vari difetti e in parte vengo soddisfatto.
Continuo ad usare la macchina tra alti (anzi altissimi) e bassi, vengo rassicurato dal service e comincio a usare la Tesla come dovrebbe essere usata, per tutto, come avete visto anche per trasportare 10 sacchi di pellet per scaldare la mia casetta. Il passaggio da un auto alta stile suv a una berlina si fa sentire, ma dopo continue regolazioni dei sedili la Model 3 si adatta alla mia schiena.
La macchina va bene, è silenziosa, scivola sull’asfalto come una slitta sulla neve soffice tiene la strada come sulle rotaie e l’ansia da ricarica svanisce in pochi giorni grazie anche alla diffusione dei supercharger. Lo schermo centrale all’inizio spiazza un po’ e sinceramente la mancanza del cruscotto si fa sentire, sarebbe una delle poche cose che modificherei a scapito del marcato minimalismo voluto. Altre cose che pensavo fossero migliori sono i cosiddetti ADAS, che spesso sono latitanti o poco incisivi soprattutto quando farebbero la differenza. Mi manca il segnale sullo specchietto di auto nel punto cieco e l’Autopilot ha talmente tante limitazioni causate da normative europee che forse è meglio non usarlo per niente.
Che dire? Difficilmente si potrà tornare indietro, oramai mi sento parte del cambiamento e, salvo stravolgimenti imprevedibili, anche la prossima auto sarà elettrica.
Dimenticavo, la mia belva in realtà ha un nome molto buffo. Si chiama Snowball.