Negli ultimi mesi c’è un gran fermento sulla produzione delle prime Tesla Model Y equipaggiate con le nuove batterie strutturali 4680. Le notizie si rincorrono tra indiscrezioni e filmati catturati da droni in volo sopra la Giga Factory di Austin in Texas dove sono stati avvistati i macchinari per produrre le celle e dove è stata immortalata la scocca di una Model Y pronta ad alloggiarle. Non è però dato sapere quando potremo vedere uscire dalle fabbriche le prime auto. Tesla non si sbilancia su una data precisa, anche se spuntano i primi manuali di uso e manutenzione della Model Y che, illustrando i punti di sollevamento dell’auto, citano espressamente le nuove batterie strutturali.
Ma cosa sono le batterie strutturali 4680, come migliorano le prestazioni, quale incidenza hanno sull’autonomia e sui costi di produzione? Ne abbiamo parlato nella diretta con il nostro presidente Luca del Bo e con i nostri soci.
Le batterie strutturali 4680
Si tratta di batterie cilindriche di maggiori dimensioni rispetto alle precedenti montate su Tesla, come le 1865 o le 2170. Come le prececedenti sono batterie agli ioni di litio di 46 mm di diametro e 80 mm di altezza. Ma perchè strutturali? A differenza delle sorelle minori queste batterie sono parte integrante della struttura dell’auto, risparmiando così su speciali supporti che appesantiscono il telaio, a vantaggio di un minor costo di produzione e una maggiore autonomia. I numeri che circolano sono i più disparati, ma secondo quanto dichiarato al Battery Day Tesla 2021 le nuove celle 4680 potranno godere del 16% di autonomia in più a fronte di una riduzione stimata del 14% sui costi di produzione.
Ma le innovazioni non finiscono qui. Le nuove batterie sono ‘tabless’ il che garantisce una maggiore efficienza e minore dispersione di calore. Senza entrare troppo in dettagli tecnici, le batterie tradizionali hanno due linguette (tab) che servono per collegare anodo e catodo e che devono essere saldate singolarmente incidendo sui costi di produzione. Le nuove batterie 4680, sono invece tabless, vale a dire che le linguette sono integrate nella batteria stessa. Questo permette di ridurre i costi di produzione e aumentarne l’efficienza perché la corrente deve percorre un tragitto più breve all’interno della batteria e dunque si surriscaldano meno.
Il futuro delle batterie
Sul nodo batterie si gioca il futuro delle auto elettriche e Tesla è perfettamente consapevole di quanto la questione sia cruciale, tanto che ha investito sulla costruzione delle sue Gigafactory per rendersi indipendente dai colossi asiatici.
“Per riuscire a realizzare 500.000 veicoli l’anno, Tesla da sola avrà bisogno di tutta l’attuale offerta mondiale di batterie agli ioni di litio. La Gigafactory Tesla è nata da questa necessità.” Si legge sul sito Tesla.
Accanto ai brand più noti come LG e Panasonic, la cinese Catl, fondata nel 2011 si sta affermando come il più grande produttore di batterie per auto elettriche.
Il suo fondatore e presidente, Robin Zeng, è uno degli uomini più ricchi dell’Asia, con una fortuna di circa 60 miliardi di dollari. Il quartier generale Catl, dalla bizzarra forma di una batteria al litio oversize ha sede nella sua città natale, Ningde, un ex villaggio di pescatori e base militare nel sud-est della Cina.
Per garantirsi un costante approvvigionamento di materie prime, quest’anno, Catl ha acquistato per 137,5 milioni di dollari un quarto di una delle riserve di cobalto più ricche del mondo a Kisanfu, nella Repubblica Democratica del Congo. Ma Zeng si è assicurato materie prime anche in patria, aprendo una filiale nella provincia di Qinghai, nella Cina occidentale dove distese di laghi salati prosciugati garantiscono sufficienti quantità di litio per le sue batterie.
Le altre: prismatiche, esoteriche, stato solido
La ricerca per la batteria più efficiente, performante e dai costi ridotti è la principale sfida per i produttori e non mancano lanci sensazionalistici di batterie esoteriche che prometterebbero di ricaricare l’auto in soli 5 minuti. Ma a quale potenza?
Al momento queste batterie sono poco più che un’ipotesi e ancora nessuna casa automobilistica ha effettivamente avviato la produzione batterie di questo tipo per le quali dovremo verosimilmente attendere ancora qualche anno. Bisogna inoltre considerare i costi aggiuntivi per le ricariche ultra fast.
Realtà consolidata sono invece le batterie prismatiche, da tempo presenti sul mercato e utilizzate anche nei veicoli elettrici e in particolare montate sulle Tesla Model 3 SR+ prodotte nella Gigafactory cinese. Le batterie, a forma di parallelepipedo, sono formate da pacchetti di anodi e catodi impilati. La cella prismatica rappresenta il perfetto equilibrio tra densità d’energia e sicurezza.
Se però è vero che le batterie prismatiche montate da Tesla offrono un 10% in meno di autonomia, allo stesso tempo possono essere ricaricate fino al 100% a differenza delle cilindriche per le quali il consiglio è quello di non superare mai un livello di carica superiore al 90% per garantirne una maggiore durata nel tempo.
Le batterie a stato solido invece sono terreno di studio da oltre 40 anni. Rappresenterebbero la vera rivoluzione nel mondo dell’elettrico, garantendo prestazioni elevate, maggiore durata e raddoppierebbero le attuali autonomie. Insomma una rivoluzione paragonabile a quella della transizione dal termico all’elettrico. Ma le difficoltà da superare sono ancora molte, a detta dei ricercatori. Innanzitutto non si è ancora individuato l’elettrolita solido ideale in sostituzione del tradizionale gel presente nelle batterie attualmente sul mercato e poi si deve affrontare il nodo della produzione che deve essere in grado di soddisfare la richiesta delle case automobilistiche. Anche se c’è chi (Nio) azzarda l’inizio della produzione già nel 2022, verosimilmente dovremo attendere almeno altri 3 o 4 anni per vederle montate sui veicoli elettrici. E intanto Tesla guarda altrove e punta alla concretezza sulle nuove 4680.
Le critiche alle batterie 4680
Non mancano però le critiche alle nuove batterie 4680 di Tesla, come quelle del CEO di Lucid, Peter Rawlinson che dice che non siano niente di innovativo. Peter Rawlinson, ex Tesla, non perde occasione per lanciare frecciatine al suo ex capo. In un intervista rilasciata a IEEE Spectrum lo scorso ottobre, pur ammettendo un potenziale nelle celle 4680, sostiene che “è più un trionfo del packaging che della chimica”, perché, “con i suoi ‘rotoli di gelatina’ ben confezionati, permette di avere solo più materiale attivo”. E aggiunge: “Ci sono dei vantaggi nell’andare verso il grande formato, perché ciò riduce la resistenza interna, che è un prezioso passo in avanti. Ma la gente guarda al formato 4680 come se rappresentasse una svolta enorme, e questa è fantasia”.
A noi non resta che aspettare di vedere e provare su strada le Tesla Model Y equipaggiate con le nuove batterie strutturali 4680 per smentire Rawlinson!