Chi sperava che la presente crisi energetica avrebbe dato una spinta alle rinnovabili si è dovuto presto ricredere. Il mercato del petrolio non è mai stato così florido come in questo momento. A dirlo è Somini Sengupta, corrispondente per il Clima del New York Times.
La guerra in Ucraina è un affare per le compagnie petrolifere. Basti pensare agli utili del primo trimestre di Shell. Nei primi tre mesi dell’anno ha realizzato profitti record: 9,1 miliardi di dollari, quasi il triplo di quanto guadagnato nello stesso periodo del 2021.
Shell, la maggiore azienda privata al mondo di produzione di petrolio, ha approfittato degli elevati prezzi dell’energia e della volatilità del mercato. L’amministratore delegato di Shell, Ben Van Beurden, ha affermato che l’invasione russa dell’Ucraina dimostra come un’energia sicura, affidabile e conveniente non può essere data per scontata.
I consumatori di tutto il mondo (o quasi) stanno pagando questi rincari in due modi. Innanzitutto i prezzi del gas sono aumentati, il che significa che tutto ciò che si basa sul prezzo gas per andare da un punto A a un punto B è aumentato, compreso il cibo.
In secondo luogo, per ribadire l’ovvio, l’economia globale si basa sui combustibili fossili. Però stiamo anche pagando i danni causati dalla combustione di gas e petrolio, sotto forma di gas serra immessi nell’atmosfera che riscaldano il pianeta e aggravano i fenomeni meteorologici estremi. Si pensi all’ondata di caldo in India e Pakistan e alla siccità in alcune zone del Cile e della California. E nel nostro piccolo anche l’Italia non è estranea a questi fenomeni.
Shell non è l’unica compagnia petrolifera ad avere avuto un ottimo primo trimestre. Anche Exxon Mobil ha raddoppiato i profitti rispetto all’anno precedente, registrando 5,48 miliardi di dollari. E Chevron ha aumentato gli utili a 6,3 miliardi di dollari. I 6,2 miliardi di dollari di profitti della BP nel primo trimestre sono stati i più alti in oltre un decennio.
Ma che effetti hanno gli aumenti dei combustibili sull’ambiente e sul clima? Per fortuna qualche buona notizia c’è.
Le compagnie petrolifere cambiano
In questo periodo dell’anno scorso, le grandi compagnie petrolifere erano sottoposte a una pressione insolita. Un tribunale dei Paesi Bassi, dove ha sede la Shell, ha intimato all’azienda di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra di tutte le sue attività globali entro il 2030 – in pratica, di cambiare il suo core business – per motivi climatici. Per tutta risposta Shell ha dichiarato che si sarebbe opposta alla sentenza e da allora ha spostato la sua sede in Gran Bretagna.
Dall’altra parte però c’è anche la pressione degli azionisti. Exxon Mobil ha dovuto affrontare un’insurrezione da parte di un piccolo gruppo di azionisti attivisti che ha chiesto alla società di abbandonare più rapidamente i combustibili fossili. Inoltre, lo scorso maggio, l’Agenzia Internazionale dell’Energia negli USA ha dichiarato che non si dovrebbero realizzare nuovi impianti di estrazione di petrolio e il gas se si vogliono neutralizzare le emissioni di CO2 entro la metà del secolo e rallentare il cambiamento climatico.
Il futuro delle grandi compagnie petrolifere è ancora incerto
Se è vero che i profitti delle compagnie petrolifere sono in crescita, è altrettanto vero che la transizione energetica per abbandonare i combustibili fossili è già avviata.
Le compagnie petrolifere non stanno sgomitando per trovare nuovi giacimenti. Per ora sono caute, temono che i prezzi non rimarranno alti abbastanza a lungo da giustificare l’apertura di nuovi pozzi. Molti investitori stanno invece scegliendo di puntare sull’energia pulita. Per esempio Exxon non ha intenzione di aumentare la sua attività di trivellazione sulla base di un aumento di richiesta che ha definito temporaneo.
Neppure Chevron si aspetta che questi alti prezzi del petrolio durino per sempre. “C’è molta incertezza”, ha detto il suo amministratore delegato, Michael Wirth.
La pressione sulle grande compagnie petrolifere continua a crescere
Gli azionisti sono sempre più preoccupati per il cambiamento climatico. Le grandi società di investimento, tra cui BlackRock (la più grande al mondo con sede a New York che gestisce un patrimonio totale di oltre 10 000 miliardi $, di cui un terzo in Europa) hanno fissato i propri obiettivi climatici. La Securities and Exchange Commission (ente federale statunitense per la vigilanza della borsa valori) è pronta a emanare nuove regole per obbligare le aziende a rilasciare più dati sui loro piani climatici.
Tenete d’occhio le prossime mosse
Le compagnie petrolifere investiranno i loro profitti nella transizione energetica? Questo è il grande interrogativo dei prossimi mesi.
Le compagnie petrolifere stanno diversificando i loro portafogli per aggiungere fonti da energia rinnovabile, come i parchi eolici, e investono in tecnologie per catturare la CO2. Ma in generale non si stanno allontanando dal loro core business: l’estrazione di combustibili fossili.
Anche Shell ha affermato che sta trasformando la sua attività per ridurre le emissioni delle sue operazioni petrolifere. Exxon ha dichiarato che i suoi investimenti futuri “terranno il passo con la transizione energetica”.
L’anno scorso Shell ha speso 2,4 miliardi di dollari, pari al 13% dei suoi investimenti, per la transizione energetica. Invece nel primo trimestre del 2022, la società ha speso 985 milioni di dollari per la transizione energetica che è a malapena un decimo dei profitti del primo trimestre.
Gli obiettivi climatici di Shell includono la riduzione delle emissioni di carbonio delle sue attività, il che significa che potrebbe continuare a espandere la produzione di petrolio, ma con emissioni inferiori per ogni barile.