Negazionisti del cambiamento climatico, nemici giurati dell’auto elettrica, fanatici del petrolio: in questi anni abbiamo visto di tutto, ma i No-Batt ancora ci mancavano. Eh, sì dopo i No-Watt arrivano loro: gruppi di persone che si oppongono alla costruzione di impianti di accumulo per le rinnovabili.
Ma come mai alcune persone si oppongono a una stazione di batterie, che non ha emissioni, non produce rumore né inquinamento? Il punto di partenza è semplice: è normale temere ciò che non si conosce, ed è giusto porsi domande.
Però le batterie al litio sono ormai parte integrante della nostra vita e lo saranno sempre di più. Le abbiamo ovunque e le utilizziamo quotidianamente. Un’immagine della nostra vita quotidiana ci vede addormentati sul letto con il telefono da una parte, dall’altra gli auricolari (magari dimenticati accesi), poi lo smartwatch e ancora il tablet: in totale tre o quattro batterie al litio vicinissime a noi.
La realtà è che siamo circondati dalle batterie al litio e le utilizziamo tutti i giorni. Ma, quando si tratta di un impianto di accumulo, improvvisamente nascono paure e diffidenza. Forse perché è qualcosa di nuovo, qualcosa che si può contestare più facilmente.
Ma fermiamoci un attimo a riflettere: la nostra vita moderna dipende completamente dalle batterie al litio. Senza di esse, torneremmo indietro agli anni ’50, e nessuno lo accetterebbe.
Batterie e falsi miti
Nonostante l’uso quotidiano, sentiamo dire: “Le batterie inquinano!”. Certo, tutto inquina. La questione non è se qualcosa inquina o meno, ma il bilanciamento tra l’inquinamento prodotto e quello evitato.
- Il primo falso mito è che le batterie al litio emettano vapori tossici. Questo è falso. Gli accumulatori al litio sono sigillati e, per il loro funzionamento, non entrano in contatto con l’aria. In caso di incendio, si spengono con acqua. Gli impianti di accumulo sono dotati di sistemi di sicurezza, come sprinkler interni che allagano i contenitori delle batterie in caso di emergenza.
- E ancora… Le batterie vengono buttate in fondo al mare! Assolutamente no! Una batteria al litio è una risorsa preziosa, ricca di materiali strategici e riciclabili. E l’Italia, nel settore del riciclo, sta facendo passi da gigante.Tutto ciò che compone una batteria interessa all’industria del riciclo. Non è come un serbatoio di benzina, che una volta usato diventa inutilizzabile e deve essere smaltito, generando rifiuti difficili da gestire. Una batteria, invece, contiene materiali come il cobalto, il nichel, il litio e il rame, tutti recuperabili.
- E qui arriva un altro mito da sfatare: “Il cobalto lo estraggono i bambini”. Se qualcuno usa sigarette elettroniche usa-e-getta, è molto più probabile che lì dentro ci sia cobalto estratto in condizioni inaccettabili. Le batterie delle auto elettriche, invece, provengono da filiere rigidamente controllate. Nessun costruttore si sognerebbe mai di rifornirsi da una miniera che sfrutta il lavoro minorile.
- Poi c’è un’altra affermazione falsa: “Le batterie non sono riciclabili”. Le batterie contengono metalli e, per loro natura, sono perfettamente riciclabili. In Italia, abbiamo alcuni dei migliori team di ricerca nel settore, e uno dei più innovativi è guidato dalla professoressa Elsa Bontempi, che con il suo gruppo ha sviluppato un sistema di riciclo delle batterie utilizzando microonde, un’idea geniale: con pochissima energia, si riesce a portare la “black mass” (il materiale ottenuto dal recupero delle batterie) a temperature superiori ai 1000°C, facilitando il recupero dei metalli preziosi.
Il team della prof.ssa Bontempi (in secondo piano con il colletto rosso) - Un’altra bufala diffusa è che le batterie contengano terre rare. Ma nessuno dei 17 elementi classificati come terre rare è presente nelle batterie al litio! E poi, chiariamo un punto: il termine “terre rare” non significa che siano scarse in natura, ma semplicemente che estrarle è un processo complesso e impattante.
- E ora veniamo alla bufala più assurda di tutte: “Le batterie emettono radiazioni elettromagnetiche”. Le batterie funzionano in corrente continua e non generano campi elettromagnetici. Anche i campi elettrici sono comunque non ionizzanti e si attenuano entro pochi metri. Persino sotto i tralicci dell’alta tensione, dove passano 475.000 volt, basta allontanarsi di 15-20 metri per ridurre drasticamente l’esposizione. E in ogni caso, non si tratta di microonde o radiazioni ionizzanti come i raggi gamma, che sono realmente pericolosi.
- Infine, un ultimo mito: gli incendi delle batterie. Ad oggi, nel mondo, si sono verificati solo cinque incidenti su impianti di accumulo BESS (Battery Energy Storage System). Considerando che si tratta di una tecnologia ancora agli albori, un’alta frequenza di problemi sarebbe comprensibile, ma la realtà è che questi eventi sono rarissimi. Inoltre, gli incendi hanno coinvolto impianti vecchi, con chimiche più instabili. Oggi, le batterie al litio-ferro-fosfato (LFP) usate negli impianti di nuova generazione sono estremamente sicure e resistenti al surriscaldamento.
Quindi:
- Non emottono vapori tossici
- Le batterie non si buttano in mare
- Il cobalto delle batterie delle auto non lo estraggono i bambini
- Le batterie sono riciclabili
- Non contengono terre rare
- Non emettono radiazioni elettromagnetiche
- Non si incendiano da sole
L’importanza delle fonti
Certo, le novità generano sempre timori, ed è naturale avere dubbi di fronte a cambiamenti significativi. Tuttavia, spesso queste paure sono amplificate dalla disinformazione, che diffonde idee errate e crea resistenze ingiustificate. Per questo è fondamentale informarsi in modo consapevole, affidandosi a fonti autorevoli e basate su dati concreti. Solo attraverso una conoscenza approfondita possiamo distinguere i reali rischi dai pregiudizi infondati. Un’informazione chiara e verificata permette di affrontare il cambiamento con maggiore consapevolezza e serenità.
Un esempio è il sito Terna, uno dei portali più completi tra i gestori di rete, non solo in Italia, ma a livello europeo e mondiale che fornisce tutte le informazioni necessarie.
Sono disponibili tutti i dati sulle capacità effettive in MW e sugli impianti di accumulo con dati aggiornati:
- Attualmente, in Italia, sono installati 9,23 GW di accumulo, pari a 92.234 MWh.
- A gennaio 2025, la capacità era di 7 GW, quindi c’è stata una crescita significativa e costante.
- Il numero di impianti è aumentato da 576,5 a febbraio 2024 a 748,5 oggi.
Informazione e divulgazione: fattori cruciali
Anticipare i tempi è fondamentale per prevenire la diffusione di informazioni errate e il radicarsi di pregiudizi infondati. È necessario intercettare i dubbi e le incertezze fin dalle prime fasi, fornendo spiegazioni chiare e basate su dati concreti. Se si interviene tardi, quando ormai la disinformazione ha già fatto danni, diventa molto più difficile riportare il dibattito su basi razionali.
In questi contesti, infatti, si rischia di trovare un pubblico già polarizzato, diffidente e poco disposto ad ascoltare argomentazioni scientifiche. Per questo servono esperti competenti, divulgatori appassionati e professionisti del settore che si facciano portavoce di una comunicazione chiara ed efficace.
Il momento giusto per agire è nelle fasi preliminari, quando i progetti vengono presentati e la discussione è ancora aperta. Un’informazione corretta e tempestiva permette alle persone di comprendere i benefici di nuove tecnologie come i sistemi di accumulo, evitando che si creino resistenze basate su paure ingiustificate. Solo così si può costruire un dialogo costruttivo e favorire scelte consapevoli per il futuro.
Non basta un tecnico che esponga il progetto in modo asettico. Serve un divulgatore, un esperto che risponda alle domande e ai dubbi, con una comunicazione chiara e tempestiva. E questo è urgentissimo!
Gli esperti devono intervenire prima, affinché le persone possano capire, digerire questa tecnologia e accettarla. Le batterie al litio ci stanno già cambiando la vita. Sono ovunque: nei telefoni, nelle auto, nei sistemi di accumulo domestici. E continueranno a evolversi.
Le persone non sono fanatiche: se non ricevono risposte chiare o se non viene loro presentata una tecnologia in modo adeguato, si spaventano. E in questi contesti, c’è sempre qualcuno che, manipola l’informazione per scopi personali. È così che un tema diventa un tabù e si polarizza per interessi politici.
Queste infrastrutture, tra l’altro, portano spesso vantaggi alle comunità locali: non compensazioni dirette, ma miglioramenti concreti, come un nuovo asilo, un parco giochi, o altri interventi utili alla popolazione. Insomma, sono investimenti che possono anche dare lustro alla comunità stessa.
Purtroppo, però, viviamo in un’epoca dominata dal “NO” e dalla disinformazione. Lo stesso accade con la comunicazione sulle auto elettriche: si è diffusa la falsa notizia che dal 2035 non sarà più possibile circolare con i motori endotermici. Questo è stato strumentalizzato per alimentare una contro-narrazione ostile all’elettrico. In realtà, il passaggio sarà graduale, e non c’è alcun divieto improvviso. Ma la mancata informazione ha creato un’ondata di disinformazione.
La comunicazione ambientale si è fermata agli anni ‘80, all’epoca di Chernobyl. Da allora, le risposte politiche ai temi ambientali hanno prevalso su quelle tecniche, e questo ha allontanato le persone. Sono stati coniati termini come “green”, che oggi sono talmente politicizzati da sembrare acqua fresca. Questo è un errore: bisogna cambiare linguaggio.
Non bisogna più parlare di “green”, ma di efficienza, di energia, di innovazione. Bisogna appassionare le persone, non terrorizzarle. La comunicazione ambientale va rifondata su basi nuove, concrete e accessibili. È il momento di riscrivere il vocabolario del cambiamento e rendere le persone protagoniste della transizione energetica.
Di questo e altro ne abbiamo parlato nella nostra diretta di lunedì