L’affare Italvolt, rimbalzato sui media alcuni giorni fa e che nel giro di pochissimo tempo ha coinvolto gli ex stabilimenti Olivetti di Scarmagno (Ivrea) come possibile location di una megafabbrica di batterie, sembra un film già visto. E nemmeno molto tempo fa. Il titolo era “Britishvolt” e ha fatto la sua première alla fine del 2020 nel Northumberland, nordest d’Inghilterra. Va precisato che all’edizione inglese non è stata ancora scritta la parola “fine”, perché il progetto di un’altrettanto grande headquarter e di una gigaplant è ancora in cerca di investitori nel Regno Unito. Il personaggio al centro di questa iniziativa si chiama Lars Carlstrom, che ha fatto annunci strabilianti per il sito italiano: recupero dell’area ex-Olivetti, un progetto edilizio faraonico curato da Pininfarina, l’automazione e la progettazione del reparto R&D affidato nientemeno che a Comau. Capacità produttiva di 45 GWh all’anno, con prospettive di crescita fino a 70 GWh, 4 mila posti di lavoro, indotto per altri 10.000. Quattro i miliardi di euro previsti per l’investimento.
Siccome siamo i Tesla Owners, quindi alfieri della mobilità sostenibile che utilizzi le fonti rinnovabili di energia al massimo delle loro possibilità, non possiamo che essere molto, ma davvero molto felici che il progetto Italvolt porti in Italia una gigaplant di batterie, e di conseguenza facciamo i migliori auguri perché l’affare vada in porto. Ma proprio perché si tratta di un “affare” per cui verranno richiesti anche finanziamenti pubblici (così è stato nel Regno Unito), l’esperienza ci consiglia di tenere gli occhi ben aperti. Qualcuno si ricorda dell’affair “Rossignolo”, oppure delle fabbriche di auto cinesi in Irpinia di Massimo Di Risio (DR)? O ancora del rilancio di Termini Imerese? Insomma, per ragioni spesso legate alla dabbenaggine dei nostri politicanti o a vere e proprie truffe come nel caso della De Tomaso, i soldi pubblici che entrano in queste iniziative vanno sprecati. E più l’opera si annuncia di proporzioni fantasmagoriche, più sentiamo puzza di bruciato.
Lars Carlstrom ha recentemente avuto una pesante querelle con “La Stampa”, che ha ricostruito le vicissitudini finanziare che vanno dalle bollette del telefono non pagate ad una condanna per frode fiscale in Svezia (di 25 anni fa), cui il finanziere ha risposto con un sorprendente aplomb (qui il testo riportato sulla Gazzetta di Mantova), giustificando anche la sua uscita dal CdA di Britishvolt per “disaccordi”.