Il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ammette: dovremmo investire di più sulle rinnovabili, addirittura il triplo. Solo così si potrebbero raffreddare gli aumenti dei prezzi di gas ed energia elettrica (ovviamente collegati fra loro) che a partire dal 1° luglio appesantiranno la bolletta degli italiani di 280 euro in media, e che potevano essere ancora di più se una parte di questo enorme aumento non fosse stato coperto con un intervento straordinario del Governo da 1,2 miliardi di euro a carico dello Stato, cioè sempre dalle nostre tasche.
Le cause di questa vera e propria fiammata dei prezzi dell’energia (+12% quella elettrica, +21% il gas, ridotti poi a 9,9 e 15,3% dall’intervento pubblico) ha alcune ragioni strutturali che non era difficile prevedere e altre meno attese. Avete presente il meccanismo in base al quale, prima dei periodi di partenza per le vacanze, aumentano i carburanti?. Beh, su larga scala sta succedendo esattamente questo: le aziende – dopo l’emergenza pandemica – stanno riprendendo a lavorare a pieno ritmo e chiedono energia, fatta di petrolio, gas, elettricità. E dove la domanda cresce, crescono i prezzi. Ecco l’andamento del costo del greggio negli ultimi sei mesi (fonte Oilprice.com)
In poco più di sei mesi il prezzo è raddoppiato, come del resto accade su tutti i mercati dove cresce la domanda. L’Italia era già al primo posto in Europa (e forse anche del mondo) per il costo dell’energia elettrica, come ben si vede da questa comparazione rilasciata da Nus Consulting per forniture alle imprese (quelle per i privati sono naturalmente ancora più costose perché hanno più tasse).
PAESE | COSTO (eurocent/kwh) | PAESE | COSTO (eurocent/kwh) |
ITALIA | 16,27 | AUSTRIA | 8,89 |
GERMANIA | 12,18 | POLONIA | 7,48 |
PORTOGALLO | 10,96 | SUD AFRICA | 7,34 |
SPAGNA | 10,87 | USA | 7,15 |
GRAN BRETAGNA | 10,01 | FRANCIA | 7,04 |
BELGIO | 9,59 | FINLANDIA | 6,95 |
AUSTRALIA | 9,39 | SVEZIA | 6,39 |
OLANDA | 9,07 | CANADA | 6,1 |
L’aumento del prezzo del gas e del petrolio è anche originato dalla pesante “tassazione” sulla produzione di CO2, ovvero la necessità di acquistare i cosiddetti “green credit” da parte di chi utilizza fonti fossili (per l’energia, per l’industria, per l’agroalimentare) a compensazione delle emissioni, che ha raggiunto il prezzo di 55 euro alla tonnellata (un’auto media a combustione da 95 g/km impiega poco più di 10.000 km per produrre una tonnellata di CO2).
Da qui l’affermazione del ministro sul ricorso alle rinnovabili, che però, per il momento, in Italia non segue una strategia globale, ma si affida agli incentivi e ad alcune errate ipotesi sull’uso in larga scala dell’idrogeno. Serve comunque liberare al più presto le risorse del PNRR – che sono molto importanti – ma per farlo è necessario lo sblocco della burocrazia che ancora frappone molti ostacoli e tempi ingestibili per l’apertura degli impianti di generazione di energia rinnovabile, che, oltre che far bene all’ambiente, potrebbero portare il nostro Paese fuori da questa spirale economica negativa che sta già facendo salire l’inflazione e potrebbe portare ad un freno della ripresa economica. Si calcola che l’abolizione di una burocrazia asfissiante e del risanamento della giustizia possa portare nell’immediato una crescita del 3,3% del PIL sin da subito.