La settimana scorsa il Nord America è stato colpito da un’ondata di freddo eccezionale. È notizia del 15 gennaio quando decine di Tesla sono rimaste bloccate presso un Supercharger di Chicago. I media americani e italiani hanno fatto a gara per trovare i titoli più catastrofici, puntando il dito sulle auto elettriche e sulla loro inefficienza alle basse temperature, senza gli adeguati approfondimenti.
L’evento è successo in un Supercharger prossimo all’aeroporto e qui si può fare già una prima riflessione: i clienti che lasciano le auto all’aeroporto le riprendono quasi scariche e affollano il Supercharger più vicino per ricaricarle. Le auto erano probabilmente già ferme da un po’ e la batteria era molto fredda.
Daniele Invernizzi, presidente di eV-Now!, Marco Righi, CEO di Flash Batteries e Ruben Buturca del Tesla Owners Club Norway ci aiutano a fare chiarezza su cosa succede alle auto e alle batterie al freddo estremo.
“Per capire quello che è successo bisogna capire come è fatto un Supercharger. – ci spiega Daniele Invernizzi, presidente di eV-Now! – Dal punto di vista tecnico il Supercharger è composto da tre elementi principali: la cabina di media tensione da dove arriva l’alta tensione dai tralicci di alta potenza e dove viene abbassata di voltaggio; l’unità di trasformazione (il vero e proprio Supercharger), dove la tensione a 400 volt viene trasformata in corrente continua e le colonnine di ricarica (charging pod) dove si collegano le auto per la ricarica”
“Questi tre elementi lavorano alla grande anche a -25° C – continua Daniele Invernizzi – ma tutta l’elettronica di potenza sotto i 25° C può avere delle disfunzioni e dei guasti. Quindi questi utenti sono arrivati scarichi a un Supercharger guasto e si è scatenato un tam tam virale su questa notizia, ma nella realtà dei fatti il problema è più ridimensionato perché è un caso isolato che è difficilmente replicabile.”
“Tra l’altro i problemi della rete elettrica americana sono abbastanza risaputi. è sottodimensionata rispetto alle potenze richieste e spesso viaggia su legno e ha dei difetti che sono abbastanza conclamati. Poi sicuramente il freddo ha contribuito alla resistenza di questi cavi. La mancanza di connessione ad esempio potrebbe essere dovuta alla cabina che non è responsabilità di Tesla.”
“In Italia, difficilmente potrebbe verificarsi un caso simile, perché abbiamo una delle reti elettriche più robuste d’Europa e che fa anche scuola non solo per la parte elettrica ma anche per la digitalizzazione. In Italia abbiamo un’ottima situazione sull’alta e altissima tensione.”
Batterie e freddo
Gravi indizi di colpevolezza sono anche ricaduti sulle batterie incapaci, secondo i media male informati, di ricaricarsi e di funzionare col freddo.
“Sappiamo che le batterie non si possono ricaricare subito quando sono molto fredde – ci spiega l’ing Marco Righi, CEO di Flash batteries – sia perché c’è un degrado della batteria sia perché ci sono dei rischi di sicurezza. Bisogna aspettare che la batteria salga sopra gli zero gradi per caricare a piena potenza. Quindi ci vuole del tempo per andare in temperatura e caricare velocemente il che potrebbe aver creato code e intoppi al Supercharger. Il preriscaldamento è uno di quegli aspetti sicuramente più importanti nei climi freddi e ha due scopi: uno è quello di allungare la vita della batteria e il secondo di avere un’auto più efficiente. Con la batteria fredda c’è una resistenza interna che è più alta, perciò, si perde parte dell’energia trasmessa alle ruote. Perciò se un’auto ha 100 km di autonomia a temperatura normale ne avrà 85/90 alle basse temperature. Tutto questo non è causato dall’inefficienza della batteria, ma anche dagli altri organi meccanici dell’auto”
Tesla in Norvegia
“Io ho ormai superato i 300.000 km con la mia Tesla Model 3 – ci racconta Ruben Buturca del Tesla Owner Club Norway – e quasi la metà di questi con temperature ben oltre sotto lo zero. Proprio nei giorni scorsi ho viaggiato a – 25°. Quindi sì, si può viaggiare senza problemi sotto zero con una Tesla, basta non aspettarsi miracoli e basta seguire i consigli di Tesla. Chi guida un’auto elettrica sa che non è raccomandato arrivare al Supercharger con un’autonomia intorno allo 0%. È consigliabile arrivare con una carica attorno al 20%, più che altro per la salute della batteria. Devo dire però che io non seguo molto le regole, ma dopo aver chiamato il carro attrezzi per non essere riuscito ad arrivare al Supercharger cerco di tenere almeno il 5/10% di autonomia soprattutto con una temperatura di -20°. Però se si seguono le regole e si fa il preriscaldamento non c’è assolutamente alcun problema.”
“Anche se a volte il preriscaldamento a me ha creato alcuni problemi. Con temperature molto basse l’impostazione automatica del preriscaldamento rischia di consumare troppo. Se per vari motivi ci metti più tempo fino al Supercharger rischi che si consumi tutta la batteria col preriscaldamento e non ci arrivi più. Quindi quando si è al limite dell’autonomia, attorno al 7% io consiglio di togliere il preriscaldamento. Per farlo bisogna ingannare l’auto e impostare come destinazione non il Supercharger, ma un punto qualsiasi nel parcheggio. In questo modo l’auto fa il preriscaldamento quando si arriva alla colonnina di ricarica.”
Le temperature estreme non sono dunque un problema per il funzionamento delle auto elettriche se ci si attiene alle linee guida e alle buone pratiche come per qualsiasi altro veicolo nei climi estremi. Le cronache americane non hanno infatti dato alcuna risonanza alle migliaia di automobili termiche rimaste bloccate con la batteria di avviamento scarica a fronte delle poche decine di Tesla nel Supercharger di Chicago.
Nella puntata di lunedì 22 gennaio, abbiamo anche parlato di SAD Sussidi Ambientalmente Dannosi con Francesco Naso di Motus-E e di incentivi con Carlo Bellati.