Le comunità energetiche sono una realtà da qualche anno e le prime hanno già visto la luce da tempo, ma i percorsi di attivazione si perdono spesso in cavilli burocratici. Le comunità solari al contrario sono di più facile accesso e soprattutto più interessanti da un punto di vista economico sia per i consumatori che per i produttori di energia.
Ne abbiamo parlato con il prof. Leonardo Setti dell’Università di Bologna, fondatore del Centro per le Comunità Solari.
“Il progetto nasce già 14 anni fa, nel 2010 – ci spiega il prof. Setti – quando ancora non c’erano né leggi, né decreti attuativi per la gestione di queste comunità.”
Il mercato dell’energia è cambiato
“Oggi siamo in un momento storico epocale – prosegue il prof. Setti – in cui sta cambiando il sistema energetico. L’ultima volta che è successo è stato nei primi del 1900 con l’avvento dei combustibili fossili che, a partire dagli anni ’60, hanno permesso di costruire una rete elettrica costituita da grandi centrali termoelettriche e idroelettriche che producono energia in alta tensione.”
“Questa è una rete pensata per procedere dall’alto verso il basso, cioè dalle grandi centrali alle singole utenze, dall’alta tensione verso la media e poi bassa tensione attraverso le cabine di trasformazione primarie e secondarie.”
“Questo è stato vero fino al 2009 quando sono arrivate le moderne rinnovabili, come il fotovoltaico, che producono energia già in bassa tensione. Questo ha portato profondi cambiamenti nella rete. I cittadini, le piccole imprese hanno cominciato ad autoprodursi energia dal basso e a immetterne l’eccesso nella rete.”
“Ed ecco che l’energia comincia a fare come i salmoni e a risalire la corrente andando in senso inverso rispetto a quello che ha sempre fatto. Arriva alla cabina secondaria per essere trasformata in media tensione per alimentare le imprese. Ma se anche le imprese hanno impianti fotovoltaici e la loro rete è satura, allora l’energia comincia a risalire ancora verso la cabina primaria dove viene trasformata in alta tensione e rimessa nelle grandi autostrade dell’energia per essere ridistribuita.”
Dal basso verso l’alto
“La rete elettrica può dunque funzionare in senso inverso, dal basso verso l’alto e questa è la vera rivoluzione. La questione si sposta quindi da un piano tecnico a un piano politico, ridefinendo i portatori di interesse. Inoltre, all’interno della rete di bassa tensione l’energia viene condivisa per legge fisica, non è necessaria alcuna autorizzazione per prelevare energia, Siamo già di fatto delle comunità energetiche. E questo messaggio la politica non può ignorarlo.”
“Possiamo dunque dire che tutta l’energia che dal 2009 stiamo producendo in bassa tensione e che condividiamo in rete è fondamentalmente un bene comune. Questa è la vera rivoluzione perché fin dal 1900 l’energia è sempre stata prodotta da pochi e distribuita a molti. Oggi invece i prosumer – cioè i produttori/consumatori di energia da rinnovabili – condividono l’energia da loro prodotta dal basso verso l’alto.”
“Ma mentre noi condividiamo fisicamente l’energia, il mercato impedisce la compravendita diretta. Chi ha un impianto fotovoltaico, infatti, è costretto a fare un contratto bilaterale con il GSE che fa un ritiro dedicato virtuale. Allo stesso tempo chi consuma energia da rinnovabili prodotta dai piccoli impianti deve fare un contratto bilaterale con il suo fornitore pagando l’energia a prezzo di mercato. E qui arriva il paradosso: si condivide l’energia come bene fisico ma c’è un terzo che la compra e la rivende al prezzo che vuole e c’è uno Stato che ci guadagna.”
“Dobbiamo dunque cambiare il sistema. È necessaria una riforma del mercato elettrico perché le rinnovabili non possono più essere gestite come se fossero delle centrali termoelettriche o idroelettriche e lo Stato non può tassare un bene che i cittadini stanno producendo e scambiando tra di loro.”
Rinnovabili o centrali nucleari?
Il dibattito sulle centrali nucleari è ancora molto acceso. Una buona parte della politica, italiana ed estera, le vuole fortemente, convinta che le rinnovabili non saranno mai in grado di soddisfare il fabbisogno energetico mondiale.
“In Italia ci vorrebbero circa 26 centrali nucleari da 1800 MW – ci spiega ancora il prof. Setti – “per far funzionare la rete elettrica in modo tradizionale dall’alto verso il basso.”
“Nella realtà oggi con le rinnovabili stiamo già facendo numeri importanti. Alla fine del 2009 erano presenti 1,5 milioni di impianti fotovoltaici al di sotto dei 200 kW che hanno già prodotto l’energia equivalente di una centrale nucleare e poco più. Le imprese hanno circa 16.000 impianti fotovoltaici che nell’ultimo anno hanno prodotto l’equivalente di un’altra centrale nucleare. Con le 5.928 pale eoliche collegate alla media tensione è stato prodotto l’equivalente di due centrali nucleari. Con i quasi 3000 impianti a biomassa, l’equivalente di un’altra centrale nucleare. E infine i 4.600 impianti idroelettrici producono energia per altre tre centrali nucleari. Quindi in totale in rete è stata immessa l’energia equivalente di nove centrali nucleari proveniente solo da fonti da rinnovabili.”
“Ma la cosa più straordinaria è che questi numeri sono stati raggiunti in tempi brevissimi. Praticamente in 4-5 anni con il fotovoltaico è stato realizzato l’equivalente di tre centrali nucleari: energia che viene prodotta e condivisa tra individui. E questi 1,5 milioni di impianti fotovoltaici rappresentano solo 4% delle utenze nazionali. Se solo un altro 4% cominciasse a installare impianti e produrre energia in bassa tensione avremmo un’altra centrale nucleare in pochissimi anni. E questo processo è più veloce di qualsiasi altro, più veloce della costruzione di pale eoliche e di impianti a biomasse.”
“Ecco quindi che dobbiamo costruire un grande patto di responsabilità sociale per accelerare la transizione energetica. Dobbiamo fare in modo che le nostre città diventino delle città solari alimentate da energia 100% rinnovabile, tutelata attraverso la condivisione.”
Come partecipare a una comunità solare
Le comunità sono coordinate dal Centro per le Comunità Solari, associazione no profit che gestisce tutta la community nazionale in un’unica rete suddivisa in territori comunali. Ogni singolo comune può aprire una sezione di comunità, ma anche ogni singolo cittadino può aprire una comunità solare a patto che siano presenti almeno tre individui: un produttore e due consumatori.
“Il centro per le comunità solari funziona come una sorta di GSE che ha sviluppato la parte tecnologica – ci racconta ancora il prf. Setti – ovvero il Meter che è un dispositivo che viene installato direttamente nelle case per leggere i contatori di produzione o di consumo di energia e per determinare l’autoconsumo collettivo.”
Dunque, per entrare nella comunità solare è sufficiente iscriversi tramite il portale, comunicare i propri dati e verificare se esiste già una comunità solare nel territorio. Se la comunità è già esistente si riceve a casa il Meter, lo si installa e si comincia a consumare l’energia prodotta dalla comunità solare.
“Tutti i produttori e i consumatori della comunità solare hanno un premio per ogni kWh prodotto o consumato, che sono rispettivamente di 25 cent e 15 cent. È lo stesso meccanismo attuato dallo Stato nelle comunità energetiche utilizzando un fondo ministeriale dove però il premio che viene dato ai produttori e ai consumatori è solo di 11 cent.”
“La comunità solare eroga gli incentivi in buoni spesa, presso i supermercati e gli esercenti locali, favorendo un ciclo virtuoso che alimenta l’economia locale. Di fatto il nostro non è altro che un grande progetto di economia di prossimità– continua il prof. Setti – in cui cerchiamo di alimentare il commercio locale. È una sorta di baratto.”
I numeri delle comunità solari in Italia
“La piattaforma è stata aperta a febbraio dell’anno scorso con le prime cinque comunità solari. Oggi sono circa 36 e ne apriamo dalle due alle tre ogni mese. Questa è la velocità con cui stiamo andando avanti e abbiamo 63 richieste per aprire sezioni in tutta Italia. Oggi sono 386 le famiglie coinvolte e altre 2.700 in attesa.”
Differenza tra comunità solare e comunità energetica
L’importanza di investire nelle comunità solari
“Da gennaio 2025 il mercato elettrico cambierà completamente – conclude il prof Setti – e abbandonerà il PUN (prezzo unico nazionale) e si passerà a una tariffa zonale.”
“Più le rinnovabili penetreranno nel territorio più il prezzo dell’energia elettrica scenderà quindi per le imprese investire in comunità solari cioè in autoconsumo collettivo significa domani pagare l’energia elettrica molto meno.”
> Per info e iscrizioni: www.comunitasolare.eu
> Scarica la Brochure sule Comunità solari
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