Nel 2022, l’energia nucleare ha inciso per circa il 9% sulla produzione di energia elettrica mondiale. Le percentuali variano nei vari paesi. In Europa, la Francia ha la quota più alta di nucleare nel suo mix elettrico (62,8%), seguita da Slovacchia (60,2%) e Belgio (46,4%). Le implicazioni geopolitiche legate all’invasione russa dell’Ucraina hanno riportato il tema del nucleare al centro del dibattito. I dati dimostrano che il nucleare è ormai una tecnologia in declino. Ha registrato un calo pari al 4% su base annua, dovuto in gran parte alla chiusura per eseguire riparazioni critiche nella flotta nucleare francese. Ma il dibattito continua a essere molto acceso.
Ne abbiamo parlato nella nostra diretta streaming del lunedì con Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, l’ingegner Dino Marcozzi, esperto di energia nucleare con un’esperienza vasta e consolidata, e Nicola Armaroli, dirigente del CNR, da sempre attento alle energie rinnovabili e alla transizione energetica.
Quali tecnologie per il futuro?
Cominciamo inquadrando le nuove tecnologie nucleari, che sono recentemente al centro dell’attenzione. Si parla di reattori modulari e mini-reattori. Queste tecnologie sono già operative in alcuni paesi, come in Russia, dove navi dotate di reattori nucleari vengono collegate alla rete elettrica per fornire energia e acqua calda. Facciamo dunque il punto su queste nuove tecnologie per capire se sono davvero innovative e se possono rappresentare una svolta per la produzione di energia da centrali nucleari, anche su scala ridotta.
Dino Marcozzi: “Comincerei parlando del cosiddetto nucleare di quarta generazione, di cui si discute molto, anche se spesso con scarsa cognizione di causa. Purtroppo, anche alcuni ministri fanno affermazioni alquanto avventurose su questo tema. Va detto subito che non esiste una vera e propria definizione condivisa di “nucleare di quarta generazione”. Se si consulta il forum internazionale dedicato a questa tecnologia, si trovano discorsi vaghi, ma nessuna definizione precisa. Sono state identificate sei tecnologie che si vogliono sviluppare e portare avanti.”
“Premetto che non sono contro il nucleare, e lo dico subito per sgombrare il campo da ogni fraintendimento. Ho lavorato nel nucleare, in particolare nella seconda e in parte nella terza generazione, e posso affermare che in Italia è davvero complicato, se non impossibile, sviluppare questa tecnologia.”
“Le sei tecnologie della quarta generazione comprendono: reattori a gas veloce (Fast Reactors), a piombo liquido, a sali fusi, a sodio, ad acqua supercritica e ad altissima temperatura. Conosco queste tecnologie da circa cinquant’anni, perché già nel mio vecchio manuale di ingegneria nucleare, che utilizzavo all’Università di Pisa negli anni ’70, erano tutte descritte. Erano già in fase di sperimentazione all’epoca e lo sono tutt’oggi, con alti e bassi, a seconda dell’andamento generale del settore nucleare.”
“Un esempio curioso riguarda il nucleare a sali fusi: negli anni ’50, gli Stati Uniti tentarono di sviluppare un aereo alimentato da un reattore nucleare. Anche se non installarono mai un reattore su un aereo, testarono l’idea per verificare se le schermature di sicurezza fossero adeguate a proteggere l’equipaggio. Ovviamente, il progetto non ebbe successo.”
“Oggi, queste tecnologie stanno tornando alla ribalta, ma nessuna di esse è ancora stata realizzata. Ci sono vari tentativi, come quelli portati avanti da NewCleo, un’azienda italo-britannica, che sta cercando di sviluppare una tecnologia che potrebbe avere il vantaggio di “bruciare” i rifiuti di fissione già stoccati in tutto il mondo, anche se per ora è tutto ancora teorico.”
“È importante ricordare che in Italia ci sono ancora scorie nucleari provenienti da un impianto americano del 1960, e non siamo ancora in grado di gestirle. Spendiamo milioni di euro ogni mese per stoccarle in Francia e Inghilterra, ma dovranno essere restituite entro il 2025, e non abbiamo ancora realizzato un sito di smaltimento.”
“In un paese come il nostro, dove i governi cambiano continuamente rotta, è impossibile sviluppare una strategia a lungo termine per una tecnologia complessa come il nucleare. Altri paesi hanno commesso errori, come la Germania, che ha fermato le centrali nucleari per riattivare alcune centrali a carbone, una decisione che considero sbagliata.”
“Se vogliamo costruire un impianto nucleare in Italia, dovremmo ripristinare tutta la struttura di sicurezza e controllo che avevamo negli anni ’80, ma che abbiamo smantellato. In questo senso, sono contrario al nucleare in Italia. Il nucleare si può fare, ma è necessario gestirlo con estrema attenzione.”
“E poi bisogna dire che è il nucleare è una tecnologia in declino. Nel 2023 sono stati messi in funzione solo quattro reattori: uno in India, un reattore a plutonio con acqua pesante, che serve anche ad altri scopi; e tre APR (reattori ad acqua pressurizzata avanzata): uno in Corea del Sud, uno negli Stati Uniti e uno in Cina, per un totale di 4 GW. Nel frattempo, solo la Cina ha in costruzione 180 GW di solare e 150 GW di eolico.”
“Se vogliamo impegnarci nel nucleare, dovremmo iniziare studi seri e guardare avanti. Non voglio nemmeno parlare della fusione nucleare, perché sarebbe estremamente complesso, ma è sicuramente una questione da affrontare con serietà. Quindi, non c’è nessuna contraddizione in ciò che sto dicendo.”
Il caso Italia
Il MASE, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha stanziato 502 milioni di euro per ricerca e sviluppo su “tecnologie energetiche innovative a zero emissioni di carbonio”. Tra gli obiettivi figurano attività di ricerca e sperimentazione sui piccoli reattori modulari di terza e quarta generazione nel breve-medio periodo. Dove ci porteranno questi finanziamenti? Lo chiediamo prima a Giuseppe Onufrio di Greenpeace e poi a Nicola Armaroli.
Giuseppe Onufrio: “Greenpeace non è favorevole al nucleare e lo dico subito. Però qui siamo di fronte a un paradosso. Quando il ministero afferma che con i reattori modulari copriremo l’11% del fabbisogno elettrico, si riferisce a una tecnologia che, nei paesi nucleari dell’Occidente, non ha nemmeno un prototipo operativo. Se ne parla da 30 anni e ancora non esiste nulla di concreto. Anche in Italia se ne parla a vuoto.”
“Vorrei ricordare che la startup americana NuScale, ha lavorato per 16 anni su un progetto di reattore convenzionale, cercando di ridurne le dimensioni, senza mai realizzare un prototipo. Hanno ricevuto approvazioni preliminari per un modulo da 50 MW, poi modificato a 77 MW, ma non è mai stato costruito. L’anno scorso, dopo un’analisi dei costi, si è scoperto che il progetto era troppo costoso, e NuScale ha subito una class action da parte degli investitori.”
“Anche EDF (la ‘Enel’ francese) ha abbandonato il progetto Nuward per lo stesso motivo: irrealizzabilità. Quindi, quando il governo italiano parla di piani così ambiziosi, sembra che il ministro Pichetto Fratin creda che una bacchetta magica possa realizzare una tecnologia così avanzata, in tempi brevissimi. Se guardiamo ai costi reali, e non alle stime ottimistiche, vediamo che non sono sostenibili.”
“Il nucleare è una tecnologia in declino. Negli anni ’90 copriva il 17% della produzione elettrica globale, mentre oggi solo il 9%. I reattori nuovi non si riescono a costruire. Vorrei ricordare il referendum del 2011, il secondo che abbiamo fatto. Lo abbiamo indetto perché nel 2009 Berlusconi e Sarkozy firmarono un memorandum per costruire quattro reattori in Italia, mentre la Francia stava costruendo il suo primo reattore EPR a Flamanville. La costruzione iniziò nel 2007 e il reattore non è ancora operativo: dovrebbe entrare in funzione entro la fine di quest’anno, ma il suo costo è passato da 3 a 13,5 miliardi di euro, e con gli interessi bancari, secondo la Corte dei Conti francese, il costo totale supererà i 19 miliardi. Per questo i francesi hanno deciso di non costruirne più: è troppo complesso e costoso. Ora stanno lavorando a una versione semplificata, sempre di grandi dimensioni.”
“La stessa cosa è accaduta negli Stati Uniti con il progetto AP1000, dove dei quattro reattori previsti ne sono stati completati solo due, con costi triplicati. Sia l’azienda americana Toshiba-Westinghouse che la francese Areva, proprietaria della tecnologia EPR, sono fallite.”
“Il nucleare, nei paesi occidentali, è praticamente morto. Non si costruiscono più impianti di terza generazione, e le fantasie sulla quarta generazione restano tali. Il programma di quarta generazione è stato lanciato nel 2000 e, ad oggi, nel 2024, nessun reattore di quarta generazione è diventato commerciale. Anche i reattori modulari, tentati al Politecnico di Milano negli anni ’90 con il progetto IRIS, sono falliti perché i costi erano già allora troppo elevati. È intuitivo: tutta la storia del nucleare è stata un’evoluzione verso impianti sempre più grandi per ridurre i costi dell’elettricità. L’idea di costruire impianti più piccoli e produrne centinaia per abbattere i costi è un concetto di 30 anni fa, ma nessuno di questi impianti è stati realizzato in Occidente.”
“L’unico mini-reattore esistente è russo. È un impianto galleggiante su una nave al largo delle coste della Siberia e appartiene alla seconda generazione, con una tecnologia che non supererebbe i criteri di sicurezza in un paese occidentale. In Cina ci sono due impianti sperimentali con tecnologia PBR, ma siamo ancora in fase di test. Al contrario, la California, la quinta potenza economica mondiale, sta puntando su solare e batterie, in un contesto in cui il gas costa molto meno che in Europa. Eppure, la California non costruisce più impianti a gas, e il nucleare è sostanzialmente fermo. La transizione verso le rinnovabili è già in corso: in soli due anni, le batterie hanno coperto oltre il 30% della domanda nelle ore di picco. Anche il Texas, stato petrolifero per eccellenza, sta superando la California in termini di energie rinnovabili, con un’enfasi maggiore sull’eolico rispetto al solare.”
“Le auto elettriche diventeranno un ulteriore strumento per aiutare la transizione, grazie alla carica bidirezionale, che permetterà di immagazzinare energia nelle ore di punta e restituirla alla rete quando necessario. Questo è già parte delle strategie industriali, anche europee, con Volkswagen che si sta adeguando a questa visione. In un futuro dominato dalle rinnovabili, gestire l’energia nucleare, che richiede continuità per ragioni di sicurezza, sarà sempre più difficile.”
“La verità è che il governo italiano parla di nucleare, ma intende gas. Ci sono obiettivi ambiziosi per il nucleare e i biocarburanti, ma tutto questo è solo sulla carta. Le rinnovabili sono bloccate, e questo serve a proteggere l’industria del gas, che è il vero motore dell’economia energetica italiana. Siamo nel paese del gas e del petrolio, e chi possiede queste risorse non vuole la transizione. Questo vale sia per le aziende che per i paesi produttori, come la Russia. La guerra in Ucraina dimostra quanto la Russia, che potrebbe avere un enorme potenziale nell’eolico, sia invece ostaggio della sua élite petrolchimica e del complesso militare-industriale.”
Nucleare sì, ma non sotto casa mia
Nicola Armaroli: “In Italia abbiamo una discussione sul nucleare che è surreale. Il governo dichiara di essere a favore del nucleare, ma poi, in pratica, sposta l’attenzione verso due tecnologie che non esistono ancora: i reattori modulari piccoli, sotto i 300 MW, e la fusione, che è ancora lontana. Quindi, si tratta di una gigantesca chiacchiera tra amici al bar. Ogni tanto c’è un voto in Parlamento, dove si vota a favore, ma pensare che un voto in Parlamento sblocchi un piano nucleare e ci permetta di avere centrali tra cinque anni è pura fantasia.“
“Per prima cosa per avviare un piano nucleare serve uno Stato che investa miliardi. Il ministro Pichetto ha dichiarato più volte che lo Stato intende investire, ma al momento ci sono altre emergenze finanziarie da affrontare. Tuttavia, un programma nucleare non può nascere senza un’agenzia pubblica per la sicurezza, che rilasci i permessi e controlli gli impianti in funzione. Non esiste un programma nucleare nel mondo in cui lo Stato non metta soldi. Lo Stato ha sempre investito. Per esempio, la centrale francese di Flamanville è stata finanziata esclusivamente con soldi pubblici: nessun privato ha investito un euro in quell’impianto. Quindi, se lo Stato non vuole investire, il progetto è già morto in partenza.”
“Inoltre, ammettiamo che lo Stato trovi i fondi: bisogna anche trovare i siti per costruire gli impianti. Il primo problema da risolvere è individuare il sito del deposito nazionale, che è un’emergenza assoluta. Sono stati individuati 62 comuni, ma nessuno lo vuole. Tutti sono favorevoli al nucleare, ma rigorosamente nel comune degli altri. E in un territorio come il nostro, dove il 94% dei comuni è a rischio idrogeologico medio-alto (dati ISPRA), la localizzazione degli impianti rappresenta una sfida enorme.”
“Quindi abbiamo problemi di finanziatori, di localizzazione e di tempo. In Finlandia ci sono voluti 18 anni per produrre il primo kilowattora nucleare, e quel sito aveva già reattori autorizzati. In Italia, non abbiamo nemmeno individuato il sito. Quindi, nel migliore dei casi, vedremo il primo kilowattora nucleare italiano fra 15-20 anni, ma per allora la transizione energetica e la decarbonizzazione del sistema elettrico saranno già completate.”
“E poi c’è la questione legata alla comunicazione. Sembra passare il messaggio che il nucleare goda di ottima salute, ma non è così. Negli ultimi 16 anni, la potenza nucleare installata a livello mondiale è stata irrisoria. Non c’è nessun boom nucleare. Dei 59 reattori attualmente in costruzione, 52 sono di tecnologia cinese o russa. I cinesi li costruiscono per sé e i russi principalmente all’estero. Quindi, dipenderemmo drammaticamente dalla tecnologia di altri paesi.”
“Un aspetto di cui si parla poco è che Rosatom, il colosso nucleare russo, è stato esentato dalle sanzioni internazionali. Se Rosatom fosse stata colpita dalle sanzioni, molti reattori nell’Europa dell’Est sarebbero stati chiusi, e anche quelli francesi e americani avrebbero avuto problemi. Questo dimostra quanto la questione nucleare sia complessa e intrecciata con altri fattori geopolitici.”
“Infine, vorrei sottolineare che stiamo parlando di una tecnologia in declino da 40 anni. Sebbene ci siano piani ed entusiasmi per un suo rilancio, la realtà è che esistono tecnologie rinnovabili che crescono in modo esponenziale. Un dato significativo: nel 2024, la potenza fotovoltaica installata nel mondo sarà di circa 600 GW. Considerando un fattore di capacità medio del 14% (dato dell’Agenzia Internazionale per l’Energia), questo equivale alla produzione di due centrali nucleari a settimana. Solo nel 2024, il fotovoltaico produrrà l’equivalente di 100 centrali nucleari all’anno.”
“La domanda che un decisore politico dovrebbe porsi è: quale speranza ha una tecnologia come il nucleare di competere con le rinnovabili, che offrono costi bassissimi? L’obiezione comune è che le rinnovabili siano intermittenti, ma questa era una preoccupazione valida negli anni ’80. Oggi, siamo in grado di gestire una rete 100% rinnovabile e, con il progredire delle tecnologie di stoccaggio, lo saremo sempre di più. Entro il 2050, avremo sistemi energetici completamente rinnovabili, con costi più bassi e tecnologie meno complesse e controverse.”
Nucleare vs. rinnovabili
Si parla di nucleare anche come una fonte di energia stabile, in grado di garantire il baseload, cioè il livello minimo di domanda sulla rete. Al contrario le rinnovabili, per loro natura, sono intermittenti e non sarebbero in grado di garantire un carico di base. È cosi?
Dino Marcozzi: “È vero, le centrali nucleari forniscono il carico di base e non modulano. Tuttavia, l’ultima volta che hanno cercato di modulare, e lo hanno fatto male, è successo quello che sappiamo a Chernobyl. Il reparto tecnico aveva ordinato di non continuare a diminuire la potenza e di fermarsi al 50%, ma l’impianto non ha retto, causando il disastro. Quindi sì, le centrali nucleari fanno la base, ma anche le rinnovabili possono farlo, se ben organizzate e con un adeguato sistema di accumulo. L’eolico, ad esempio, funziona bene di notte, mentre il solare di giorno.”
“Un anno ha 8760 ore. Il solare produce molto meno, tra le 1200 e le 2000 ore l’anno, ma con sistemi di accumulo e tecnologie come il “vehicle to grid” (anche se non sarà disponibile subito), potremo gestire l’energia in modo più efficiente. Vent’anni fa qualcuno diceva che non saremmo mai riusciti a superare il 10% di energia da fonti rinnovabili, poi il 20%, perché la rete sarebbe crollata. Ora abbiamo paesi, come Portogallo e Spagna, che riescono a coprire il 100% del loro fabbisogno per giorni interi. Anche paesi del Nord Europa stanno dimostrando che è possibile.”
“La tecnologia delle rinnovabili, in particolare eolico e solare, è in forte evoluzione, con un calo dei costi che continuerà a migliorare l’efficienza. Inoltre, stiamo assistendo alla complementarità stagionale tra fotovoltaico ed eolico, con l’eolico che produce di notte e il solare di giorno. Queste tecnologie si completano a vicenda, e questo è un grande vantaggio.”
“Chi parla ancora di base load ha una visione dell’energia anni ’80 o ’90. Oggi dobbiamo guardare al futuro e capire che l’energia si evolve, non si ferma. La tecnologia delle batterie, per esempio, è in pieno sviluppo: si stanno facendo scoperte incredibili sulla nanoscala del litio, e ci sono progressi enormi anche nel fotovoltaico, che oggi ha costi ridotti e un’alta efficienza.”
“Concludendo, penso che la vera sfida non sia nucleare sì o no, ma piuttosto concentrare gli investimenti su tecnologie rinnovabili e soluzioni di accumulo energetico. Non dobbiamo lasciare che la discussione si polarizzi sul nucleare: è più urgente parlare di incentivi concreti per le rinnovabili e come possiamo abbassare i costi energetici per le famiglie e le imprese già oggi.”
Di questo e di altro ne abbiamo parlato nella nostra diretta del lunedì